ARTE E PUBBLICO

ART AROUND, PUBLIC ART

Sabato 19 novembre si รจ svolto in Villa Ghirlanda il convegno
ARTE E PUBBLICO.
UNA GIORNATA DI CONFRONTO SUL SIGNIFICATOย DELLE PIU’ RECENTI
OPERAZIONI DI ARTE PUBBLICA


Gabi Scardi,ย 
critico d’arte e moderatore del convegno
[expand title=”Introduzione“][box]Gabi Scardi
Introduzione

Lย’arte come concreta opportunitร  di adesione alla realtร ; come filtro poetico attraverso il quale osservare, con sguardo rinnovato, piรน intenso e consapevole, il contesto in cui viviamo; ma anche come occasione di intervento afferente la sfera pubblica.
Di questo tema si รจ molto parlato e dibattuto negli ultimi decenni, nella consapevolezza che le sensibilitร  e le coinvolgenti energie messe in campo nellย’ambito dallย’arte contemporanea si possono tradurre in interventi ย“localiย”, ma atti ad affrontare temi cruciali e di ampio respiro; possono arrivare ad incontrare aspirazioni e necessitร  legate alla qualitร  della vita, ad interagire con le molteplici narrazioni che sย’intersecano nello spazio di una cittร , a generare desiderio di cambiamento e stimolare proiezioni per il futuro. Il patrimonio di idee e di progetti generati dagli artisti puรฒ dunque prendere forma in operazioni di grande impegno e di grande valore in termini di ricaduta non solo culturale, ma sociale; e rappresenta una preziosa risorsa per la realtร  in cui viviamo e un agente di crescita nei processi di trasformazione che necessariamente investono il nostro mondo. Per questo gli artisti possono costituire importanti interlocutori per unย’amministrazione pubblica. E infatti, se il caso delle iniziative indipendenti sviluppatisi in risposta a contesti di riferimento specifici รจ frequente, numerosi sono stati anche, negli ultimi decenni, i progetti avviati su istanza o con il supporto di amministrazioni o di istituzioni pubbliche.
Le criticitร , perรฒ, non mancano.
Il convegno ha preso la forma di una riflessione a piรน voci che ha coinvolto critici, curatori, storici dellย’arte e amministratori pubblici nellย’analisi di una serie di casi e di temi. Ne sono emersi potenzialitร  e contraddizioni, opportunitร  e opportunismi, considerazioni riguardanti la facilitร  di una strumentalizzazione rispetto a interventi sempre necessariamente sperimentali nella forma e nei contenuti, ma anche le complessitร  del rapporto tra gli artisti con il variegato pubblico a cui lย’arte si rivolge. I contributi si sono concentrati di volta in volta su singoli progetti o su specifici aspetti della relazione tra arte e sfera pubblica, e lย’incontro si รจ sviluppato come densa occasione di confronto. Due questioni hanno sotteso lย’intera giornata di lavoro: quella della ricezione o della resistenza da parte del pubblico rispetto allย’intervento artistico contestuale, e quella di cosa sia lo spazio pubblico e in quale direzione si stia evolvendo. Correlati a questi temi, sono emersi numerosi, essenziali spunti di discussione. Tra lย’altro si รจ parlato dellย’importanza fondamentale dellย’autenticitร  dย’intento dellย’artista e della responsabilitร  individuale dei curatori che affiancano il progetto, della competenza degli operatori, del rigore dei metodi, della trasparenza degli intenti e dei processi operativi.
Cosรฌ nellย’ambito della giornata รจ stata sottolineata la capacitร , che lย’opera dย’arte ha e ha sempre avuto, di leggere la forma della cittร  da una parte, di organizzare intorno a sรฉ lo spazio, e quindi anche i comportamenti umani, dallย’altra. Si รจ parlato della possibilitร  che lย’arte costituisca unย’effettiva risposta a una collettivitร  polifonica; una risposta a lungo termine che sta tra il reale e il possibile e sa sfruttare le caratteristiche della situazione esistente, che non non arretra di fronte alla diversitร , ma ci si addentra; che non si omologa a quellย’immagine fittizia, di una cittร  armoniosamente monolitica e immutabile, che spesso costituisce una scappatoia veloce rispetto alla ricerca di soluzioni reali per questioni che investono la cittร  nella sua complessitร .
Al contempo perรฒ รจ stato evidenziato il rischio che i progetti artistici sul territorio vengano assunti dalle amministrazioni pubbliche non in quanto capaci di innescare processi virtuosi, ma in virtรน di un carattere di evento o addirittura di intrattenimento ludico al quale si attribuisce la possibilitร  di generare un facile consenso.
Nellย’ambito della giornata si รจ discusso il fatto che spesso, allย’interno delle amministrazioni, รจ possibile individuare professionisti di assoluto valore, in grado a volte di lavorare malgrado le rigidezze, le carenze e il disinteresse di assetti amministrativi e legislativi poco consoni alla sperimentazione che caratterizza lย’arte contemporanea; ma non si tratta della norma. Piรน frequenti sono le situazioni in cui gli interlocutori con cui ci si confronta risultino dotati di scarse competenze. La mancanza di interfaccia rischia, in molti casi, di vanificare una progettualitร  di livello. Molti altri i temi sono stati messi in campo. Non ultima, รจ emersa una domanda che inevitabilmemente accompagna unย’attivitร  sperimentale e in continua evoluzione: su quali basi, con che tipo di strumenti possiamo analizzare esito e valore di un intervento artistico?
La varietร  di approcci artistici presenti nellย’ambito del progetto ART AROUND e lย’incontro con Beat Streuli, attualmente impegnato in un progetto sul territorio insieme al Museo di Fotografia, non ha fatto che confermare lย’unicitร  di ogni progetto e la necessitร  di affrontare le questioni relative alla relazione tra arte e sfera pubblica con impegno, con riguardo, con attenzione.
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Interventi di:

Adriana Polveroni, giornalista e critico dย’arte
[expand title=”Arte pubblica ed emergenze critiche“][box]Adriana Polveroni
Arte pubblica ed emergenze critiche

Dopo alcuni decenni di esperienza di Arte Pubblica e dopo che questa ha assorbito molte delle energie che in passato si erano concentrate nellย’Arte Ambientale, รจ maturo il momento per interrogarsi su di essa a partire da alcuni fatti concreti. Provo a riepilogare brevemente i tratti salienti e le motivazioni per cui รจ nata lย’Arte Pubblica, che si รจ strutturata per lo piรน come un linguaggio critico mirante ad affrontare da una prospettiva innovativa lย’autoreferenzialitร  di cui spesso viene accusata lย’arte.

Fin dagli anni Sessanta, lย’incontro con il pubblico, e anzi lย’avvicinamento di fasce eterogenee di pubblico normalmente fuori dal sistema dellย’arte, hanno costituito uno degli obiettivi fondanti di questo movimento. La riqualificazione del territorio degradato da incuria e speculazione, o piรน semplicemente trascurato, รจ stata unย’altra finalitร  importante perseguita dallย’Arte Pubblica che, attraverso la presenza dellย’artista, ha agito nel senso di una ย“bonificaย”dellย’ambiente. Su questo si sono saldati a volte gli interessi delle amministrazioni pubbliche: anche in Italia, tra gli anni Settanta e Ottanta, abbiamo visto il fiorire di molte iniziative, progetti culturali realizzati fuori dal museo in quanto portatori di un audience piรน larga e implementabili a basso costo, ovvero con budget decisamente inferiori a quelli richiesti ad esempio per il varo di strutture stabili come i musei.

Nellย’articolarsi di queste caratteristiche notiamo il venire in essere di alcuni passaggi decisivi, una trasformazione del linguaggio artistico e del ruolo dellย’artista, sia pure non esente da una certa ambiguitร :

–ย ย ย ย ย ย  Nellย’Arte Pubblica viene meno la presenza ย“matericaย” a favore di soluzioni che si fanno via via sempre piรน dialogiche e relazionale: lย’intervento dellย’artista consiste sempre meno in un ย“manufattoย”, in qualcosa dotato di compiutezza e di cui sono individuabili un inizio e una fine temporali, ma si caratterizza come un fare processuale, unย’azione mobile e che mobilita risorse e linguaggi diversi da quello meramente materico il quale, pur essendo di ordine installativo, ha tuttavia la sua origine nel monumento (molto diffuso soprattutto nelle piazze italiane).

–ย ย ย ย ย ย  ย In alcuni casi lย’Arte Pubblica presenta uno slittamento dallย’attenzione critica verso il paesaggio e il contesto urbano verso qualcosa che possiamo definire ย“intrattenimento ludicoย”. Uno degli esempi รจ dato dal parco di Villa Manin che fu realizzato tra il 2005 e il 2006 fa a Codroipo sotto la direzione di Francesco Bonami con lย’eloquente nome di ย“Luna park. Arte fantasticaย”, dove noti artisti hanno dato vita a installazioni che non dialogavano con la morfologia dellย’ambiente ma che erano visibilmente orientate a soddisfare e a ย“incontrareย” i diversi pubblici. Tale modalitร  ย“ludicaย”, che rischia di fare dellย’artista un ย“agente del consensoย”, si riscontra ovviamente nei parchi destinati allย’infanzia e in molte delle soluzioni di arredo urbano il cui allestimento sconfina nel campo delle ย“creative industriesย” (design urbano, design inteso soprattutto come codice formale teso a ย“intrattenereย” e ย“rallegrareย” lย’utente).

–ย ย ย ย ย ย  Nelle sue forme migliori lย’Arte Pubblica ha significato lย’apertura di un processo di cittadinanza operato dagli artisti. Eย’ accaduto nella fase preparatoria di Arte Pollino, il progetto nato allย’interno del parco lucano che ha visto il coinvolgimento di molti giovani abitanti di quellย’area in un processo di ย“riappropriazione culturaleย” della stessa. Dย’altra parte, proprio Arte Pollino, specie con le installazioni di Carsten Hoeller e Hanish Kapoor ย– rispettivamente due grandi giostre piazzate sulla cima di una collina deserta e un cinema dย’ombre realizzato vicino un albergo e stazione termale ย– non curandosi di allacciare una relazione forte con il paesaggio, ma solo di arricchirlo con interventi che sconfinano nel decorativo (specie Hoeller), avvicinano lย’artista a quella deriva di agente del consenso cui si รจ giร  accennato.

–ย ย ย ย ย ย  Nei progetti di Arte Pubblica, talvolta si รจ andati oltre la spinta allย’assunzione di un processo di cittadinanza, arrivando a conferire al pubblico parte dellย’autorialitร  del processo artistico. Penso che tra gli episodi piรน significativi possiamo citare il progetto ย“Salviamo la lunaย”, realizzato a Cinisello Balsamo dallย’artista tedesco Jochen Gerz e soprattutto i progetti che il gruppo curatoriale a.titolo ha realizzato a Mirafiori adottando modalitร  giร  sperimentate in Francia per cui gli abitanti di un quartiere non sono i destinatari di unย’opera ma sono essi stessi i ย“nuovi committentiย”, che scelgono lย’artista affidandogli la realizzazione di un progetto che riguarda primariamente la loro vita quotidiana. Penso che in questo caso sia corretto parlare di ย“appropriazioneย”, piรน che di ย“riappropriazioneย”.

–ย ย ย ย ย ย  In una realtร  come questย’ultima, e in qualche altro progetto di Arte Pubblica, notiamo il cambiamento della figura dellย’artista allorchรฉ entra in un contesto specifico eย  ย“si mette in ascoltoย”. Si fa carico dei processi partecipativi fino a ad agire in territori extrartistici che si avvicinano allย’urban planning, alla mediazione sociale e alla governance del territorio. Adottando quindi una modalitร  opposta a quella notata precedentemente nellย’approccio ludico.

Cย’รจ un ultimo elemento da tener presente e che penso sia destinato ad avere sempre piรน peso in futuro: la trasformazione dello spazio pubblico. Negli ultimi decenni si รจ sempre piรน assottigliata la tradizionale distinzione cittร /campagna a favore di una dimensione urbana che รจ stata definita ย“cittร  infinitaย”. Lo spazio รจ quello urbano e il non spazio urbano sopravvive nella forma di sacche residuali allย’interno di questo. Ciรฒ significa che gli interventi di Arte Pubblica devono necessariamente articolarsi in uno spazio non solo sempre piรน urbano, ma soprattutto abitato. Lย’Arte Pubblica intesa per esempio come azione nellย’ambito di una memoria priva dei soggetti della stessa, o come intervento in ambienti naturali ma non popolati, come รจ per esempio il Pollino, si configurano come episodi ย“spotย” privi di consecutivitร  processuale e concettuale perchรฉ privi anzitutto dei soggetti che dovrebbero condividere e assumere lย’azione dellย’artista. Non a caso dopo anni di interventi nel parco-museo di Fiumara dย’arte in Sicilia, vasto territorio puntellato solo da qualche piccolo paese generalmente lontano dalle installazioni, il suo ideatore Antonio Presti ha trasferito buona parte delle sue iniziative a Librino, quartiere periferico di Catania. A conferma che lย’Arte Pubblica per esserci deve interagire ed esprimersi necessariamente con e nel pubblico. Solo questo, infatti, puรฒ veramente metterla a riparo dallย’autorefenzialitร  di cui lย’arte ha cercato di prendere le distanze molti anni fa.

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Francesco Tedeschi, docente di Storia dell’arte contemporanea, Universitร  Cattolica del Sacro Cuore, Milano
[expand title=”Immaginare la cittร : puรฒ lย’arte agire sul territorio?“][box]Francesco Tedeschi
Immaginare la cittร : puรฒ lย’arte agire sul territorio?

Nella mia comunicazione per lย’incontro Arte e pubblico, pensata con carattere indagativo e indirizzata a sollevare alcune questioni, piรน che a dare risposte, sono partito da alcune domande. Innanzitutto occorre sempre chiedersi quale compito possa assolvere lย’arte nello spazio pubblico. La sua funzione puรฒ essere molteplice: in primo luogo di natura ย“esteticaย”, in quanto sempre lย’azione dellย’artista cerca di raggiungere una formalizzazione, qualunque essa sia, allย’interno delle diversificazioni che tali termini hanno assunto e possono oggi assumere; quindi, essa puรฒ avere una funzione comunicativa o ย“dimostrativaย”, poichรฉ molto spesso, nellย’agire con la volontร  di andare oltre la specificitร  di unย’operazione intrinseca al fare dellย’artista, lย’opera vuole attivare una comunicazione o dimostrare lย’esistenza di un problema; da questo, si desume una possibile funzione ย“socialeย” dellย’operazione artistica, che talvolta assume connotazioni politiche o polemiche, o che semplicemente cerca di creare una ragione per azioni che concernono la dimensione del vivere e della relazione fra le persone e con i luoghi; ma non si puรฒ negare che lย’arte che si inserisce in uno spazio pubblico possa avere anche una funzione ย“progettualeย”, in questo venendo a collaborare o concorrere con prospettive di genere architettonico e urbanistico.

Considerando queste premesse, si puรฒ osservare che lย’arte che agisce in uno spazio pubblico tende comunque a uscire dallย’ambito specifico, per andare a incontrare altre possibilitร  di confronto e collaborazione, con discipline della comunicazione, con le scienze umane (antropologia, sociologia, urbanistica), con un ambito che sembra allย’arte esterno. Occorre perรฒ considerare che un ย“limiteย” dellย’arte diretta a una prospettiva pubblica, rispetto al ruolo svolto da altri operatori culturali, sia una ambiguitร  legata allย’atteggiamento dellย’artista, che anche se opera motivato da una sensibilitร  sociale e in direzione di un risultato che non sia solo ย“esteticoย”, tende comunque a unย’affermazione personale, almeno nei termini in cui il suo contributo si configura allย’interno di un processo di definizione di autorialitร , cosa che puรฒ disturbare eventuali altri soggetti che con lui (o con loro) partecipano alla realizzazione del progetto. Si potrebbe quasi sostenere che se lย’arte vuole agire nel sociale dovrebbe rinunciare a molte delle sue prerogative. Lย’obiettivo, cioรจ, non dovrebbe essere ย“artisticoย”, ma legato alla qualificazione di un luogo o alla risposta, se non alla soluzione, di un problema. Anche se, in modo diverso, questo รจ un discorso che si ripropone ogni volta che si discute del ruolo dellย’arte in funzione ย“politicaย”.

Al di lร  di queste considerazioni preliminari, il tema che ho voluto affrontare riguarda una dimensione allargata, svolta prendendo in considerazione il modo in cui lย’arte dialoga con le forme della cittร , nella sua complessitร  e in un modo esplicitamente legato alla fisionomia urbana, muovendo anzi dai modelli dellย’urbanistica.

Per questo, penso utile distinguere le sfumature che riguardano la definizione di ย“spazio pubblicoย”, che mi viene da considerare come luogo di relazione, ma qualificato in primo luogo per i suoi caratteri fisici e architettonici, pur essendo aperto allย’uso che di esso fa la popolazione che vi abita o vi transita, rispetto alla qualificazione di una ย“territorialitร ย”, entitร  costituita immediatamente dalla fusione fra i tratti geografici e la sua dimensione sociale, insieme inestricabile dellย’ambiente e delle risposte ad esso che derivano dalla sua percezione e dalla sua creazione per effetto della socialitร . Come ebbe a dire giร  alcuni anni fa Edward Soja, ย“lย’uomo รจ un animale territoriale e la territorialitร  influisce sul comportamento umano a tutti i livelli dellย’attivitร  socialeย” (E. Soja, The political organizations of space, Annals of Association of American Cartographers, a. LX, 1971, p. 19, cit. in M. Roncarolo, Territorio, voce in Enciclopedia Einaudi, Torino, vol. XIV, 1981, p. 218).

La relazione fra i due termini, che non risultano cosรฌ nettamente separati, ma nemmeno sovrapponibili, รจ utile a considerare come sia necessario valutare il grado di apprezzamento che lย’intervento artistico puรฒ dare alla qualificazione dello spazio pubblico, potendo porsi a difesa del ย“paesaggioย” o delle ragioni di convivenza sociale in senso ย“territorialeย”.

In questo insieme di problemi si verifica come una certa parte dellย’arte che ha a che fare con le condizioni ambientali si ponga in stretto rapporto con lย’urbanistica, nei suoi sviluppi degli ultimi decenni, a partire dal dibattito emerso nel secondo dopoguerra. Ci si puรฒ riferire, in questo senso, alle riflessioni che hanno condotto una critica al progetto nella sua qualificazione autonoma, ma anche allaย  cittร  nella sua evoluzione come organismo autonomo. Lo si puรฒ notare negli scritti degli storici della cittร , come Lewis Mumford o Franรงoise Choay, ma piรน ancora nelle esplorazioni che specificamente introducono la necessitร  di ricorrere a letture della dimensione esistenziale e sociale della cittร , a partire dagli interventi di Henri Lรฉfebvre, o dalla critica alla cittร  americana portata da Jane Jacobs, per considerare le indagini sociologiche di Chombart de Lauwe, e quelle sulla percezione dello spazio urbano di Kevin Lynch, con il suo studio sullย’ย“immagine della cittร ย”.

Queste basi teoriche, poste fra gli anni Cinquanta e Sessanta, sono indispensabili per comprendere le posizioni attorno alla cittร  elaborate dal Situazionismo e dalle forme e ย“situazioniย” ad esso implicitamente collegate.

Le prospettive di unย’arte ย“urbanisticaย” si possono riconoscere nel rapporto dialettico o nella duplice direzione di unย’opzione esistenziale e di unย’altra progettuale, che spesso si intrecciano o convivono nelle proposte formulate da artisti che hanno immaginato delle cittร , o delle forme di cittร , che hanno a che fare con lย’utopia o con le forme distorte di utopia, le distopie. Si possono in questo riconoscere precise continuitร  fra esperienze elaborate fra gli anni Cinquanta e Settanta ed altre a noi piรน vicine, nel segno di una corrispondenza di suggestioni e di proposte, che pure si applicano ai diversi modelli formulati e alle diverse situazioni in cui sono calate.

In particolare, puรฒ essere singolare, in questo percorso, considerare come vi siano stati e vi siano autori che dal confronto con la dimensione esterna abbiano formulato immagini e progetti di cittร  autonomi o ideali, procedendo ad elaborare delle rappresentazioni che si configurano in primo luogo come mappe o maquette, vedendo in queste, come accade nelle fasi progettuali, i punti di partenza per la creazione del ย“territorioย”.

In questo senso, si puรฒ osservare che ogni intervento dย’artista nello spazio pubblico o nella cittร  ha a che fare con le due componenti, ma non si puรฒ prescindere dal carattere contestuale anche nel rapportarsi alla storia e ai caratteri del luogo. Immaginare la cittร  significa portare attenzione alle ipotesi dย’intervento allargato, alle iniziative di unย’arte con ambizioni urbanistiche, che immagina una cittร  diversa o indaga i caratteri propri della cittร .

Se ne puรฒ avere una prova proprio muovendo dal situazionismo e dalle operazioni poi confluite da una parte nelle opzioni ย“esistenzialiย” degli itinerari compiuti alla scoperta della cittร , e dallย’altra nelle proposte coltivate per decenni da Constant Nieuwenhuis di una cittร  ย“utopicaย”, New Babylon, che raccoglieva diversi elementi dellย’arte e della progettazione degli anni Sessanta-Settanta.

Altre ipotesi di cittร  progettate da artisti si succedono da quegli anni, e in modo diverso prefigurano un conflitto o un dialogo con le proposte provenienti dal mondo dei professionisti dellย’architettura e dellย’urbanistica. Tra queste, le creazioni di Pietro Consagra, di Jean Dubuffet o di Ugo La Pietra possono avere un particolare interesse, per la loro correlazione con il linguaggio espressivo degli autori, che si dirige a una rilettura dello spazio ambientale.

Oltre a queste, altre ipotesi utopiche e distopiche ย– spesso le due strade sembrano incrociarsi, nella realtร  come nella letteratura ย– sono state formulate da autori come Arakawa, Kabakov, Brodsky, Anne e Patrick Poirier, Atelier Van Lieshout, per citare alcuni casi esemplari, di cui val la pena approfondire i caratteri.

Rispetto a queste elaborazioni progettuali, fondate sulla costruzione di modelli e di materiali documentari che generano una tipologia a sรฉ stante, il modo in cui altre ipotesi dย’azione proposte nellย’arte piรน recente, fra gli anni Novanta e oggi, hanno condotto a nuove forme di elaborazione di progetti legati alla rappresentazione della cittร , vanno da esplorazioni descrittive (cartografiche), utili a evidenziare taluni aspetti dei modelli rappresentativi o di conoscenza del territorio (Disparition, Paola Di Bello, le ย“transumanzeย” del gruppo Stalker), a proposte di lettura dei luoghi che tengono conto del contesto sociale ย“realeย”. Tra questi, si possono considerare le proposte di Luca Vitone (con la sua ricerca sui luoghi dellย’anarchia a Basilea e a Roma, o la ricostruzione dei carrugi di Genova, la ricerca sui caratteri della cittร  ย“multietnicaย” e altro ancoraย…), o dellย’attivitร  di Isola Art Center, con lย’azione di Bert Theis, ancora di Paola Di Bello, o di Stefano Boccalini, per accennare ad autori operanti in un contesto prossimo, ma anche i molti progetti di Alberto Garutti, o, in chiave ancora piรน ย“relazionaleย”, alla ricostruzione dellย’immagine della cittร  proposta da Studio Azzurro con le ย“cittร  sensibiliย”, recentemente proposta allย’Expo di Shangai.

Tutti episodi importanti, fondati su una altrettanto valida esemplaritร , che ci pongono alcune ulteriori domande: puรฒ lย’arte incidere sul territorio? Come passare dalla rappresentazione allย’azione? Quale obiettivo dย’intervento puรฒ avere lย’operazione artistica?

Evidentemente non si puรฒ immaginare che lย’arte modifichi le strutture sociali, ma che, operando nel suo specifico, che puรฒ confinare con lย’urbanistica nel senso della progettazione e delle forme di intervento sociale, senza subordinarsi a obiettivi ad essa esterni, possa contribuire a una lettura della realtร , a una presa di coscienza, mediata da forme di elaborazione dei luoghi e di memoria degli stessi, che lasci delle tracce, non solo e non specificamente visive, nel confronto con le condizioni del vissuto e nel modo in cui la cittร  e il territorio vengono quotidianamente usati dai loro abitanti.

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Lisa Parola, curatrice, a.titolo
[expand title=”Il desiderio come virtรน civile“][box]Lisa Parola
Il desiderio come virtรน civileย 

Lย’intervento proposto da a.titolo nellย’ambito del convegno Arte e pubblico, si รจ sviluppato nel corso del 2011 allย’interno del collettivo curatoriale e nasce da una sollecitazione di Franรงoise Hers, artista e ideatore del programma dย’arte pubblica francese Nouveaux Commanditaires. A un decennio di distanza dallย’attivazione del programma in Italia, siamo state infatti invitate a scrivere un saggio sulla nostra interpretazione e applicazione di Nuovi Committenti che si รจ svolta, tra il 2001 e il 2008, nel quartiere Mirafiori allย’interno del programma europeo di riqualificazione Urban2 della Cittร  di Torino.

Il testo, che nella sua versione definitiva, sarร  pubblicato con altri interventi di mediatori culturali europei nel 2012 per la casa editrice Les presses du rรฉel, intende affrontare il tema dello spazio pubblico e della sfera pubblica. In particolare si propone come spunto di riflessione intorno allย’idea di ย‘pubblicoย’ che negli ultimi anni, attraverso alcuni immaginari proposti dai mezzi di comunicazione e da una parte del dibattito politico, hanno preso forma nel nostro paese con unย’inevitabile influenza anche sullย’opinione pubblica. Abbiamo voluto analizzare il progetto dย’arte pubblica da noi curato tenendo conto anche della cornice storica e politica che lo ha accolto: i primi anni di una cultura europea che si presentava aperta allย’innovazione e alla creativitร  e capace al contempo di proporre unย’idea di ย“responsabilitร  collettivaย”. Una posizione questa, che oggi pare essere, se non dimenticata, di certo messa in grave difficoltร , e non solo per la drammatica crisi economica che le realtร  urbane stanno attraversando ma anche per una mancata fiducia in processi culturali improntati su una cittadinanza oltre che attiva, consapevole. Una crisi, quella dello ย‘spazio pubblicoย’ in Italia, nella quale รจ venuta meno il ย‘senso di luogoย’, il confronto democratico su usi e pratiche del vivere urbano. Siamo convinte che inserire questi temi anche nel dibattito dellย’arte e della cultura contemporanee sia una delle prioritร  delle politiche e alle programmazioni che si dovrร  affrontare nel decennio a venire.

Di seguito riportiamo alcuni spunti ed estratti dal testo.

Nel ragionare del progetto che abbiamo attivato e curato a Torino, in relazione alla percezione dello spazio pubblico degli ultimi anni in Italia abbiamo voluto evidenziare come la metodologia di Nuovi Committenti comprenda, in ogni sua parte, idee di ย“democraziaย”, ย“cittadinanzaย” e ย“responsabilitร  collettivaย”che oggi hanno un valore importante se si vuole ragionare dย’arte e pubblico. Proprio in questo ultimo decennio infatti, nel nostro paese la nozione di spazio pubblico รจ stata oggetto di una profonda trasformazione. E sempre piรน spesso lo spazio della collettivitร  รจ stato ricondotto entro la giurisdizione emergenziale della Protezione Civile (chiamata a intervenire, per esempio, nella costruzione delle New town dopo il terremoto dellย’Aquila o nella gestione dei rifiuti urbani di Napoli). Omologato, il piรน delle volte, dal principio della ย“sicurezza pubblicaย” e del ย“decoro urbanoย”, lo spazio pubblico รจ ora piรน che mai uno spazio definito e ordinato in negativo, per dissuasioni e divieti. Spesso ripensato e calibrato su unย’immagine fittizia di una monocittadinanza armoniosa, la cui convivenza pacificata รจ attuabile solo a forza di esclusioni; uno spazio controllato dunque ma immobile e opaco. Tanto opaco che, con sempre maggiore frequenza, il dibattito democratico, che prevede confronto e posizioni plurali, si รจ andato spostando verso lย’alto. Nelle nostre cittร  gli speakerย’s corner hanno raggiunto altezze azzardate e chiesto ascolto sui piรน svariati diritti (il lavoro, la cittadinanza, la scuola ecc.) sui tetti delle fabbriche o la cima dei monumenti. Luoghi estremi sono diventati bivacchi di democrazia che hanno lasciato apparentemente silenziosa la piazza.

Se lย’altezza ha accolto la parola per dare voce a un mancato confronto, al contrario il piano strada รจ sempre piรน disegnato con muri, confini, zone delimitate. Ognuna di queste barriere nasce allย’interno di processi culturali e politici che delineano un ย“presente urbanoย” mosso da precise posizioni ideologiche. Tutto questo allย’interno di una cornice governativa che ha approvato nel 2008 il ย“pacchetto sicurezzaย” volto a istituire ย“misure urgenti in materia di sicurezza pubblicaย” e ย“contrastare fenomeni di illegalitร  diffusa collegati allย’immigrazione illegale e alla criminalitร  organizzata”, assegnando innanzitutto ย“maggior potere ai sindaciย” e introducendo ย“la presenza di militari con poteri di polizia nelle cittร ย”. Alla sua entrata in vigore รจ seguita, pressochรฉ in tempo reale, una proliferazione di delibere e ordinanze comunali. Questa eterogenea casistica spesso ha riunito sotto lย’unica definizione di ย‘decoro urbanoย’: urgenze sociali, nuove povertร , prostituzione, immigrazione, clandestinitร  e comportamenti non ย“autoctoniย” (da quelli religiosi a quelli quotidiani, ecc.).

Un continuo deliberare che ha avviato un processo di frammentazione dello spazio pubblico e le cui regole cambiano di cittร  in cittร . Questo tipo di provvedimenti, se ad esempio fossero stati applicati a Torino nel corso del programma Nuovi Committenti, avrebbero avuto una ricaduta sul senso, oltre che sullย’utilizzo di alcune delle opere del programma e avrebbero reso in un certo senso ย“illegaleย” lย’uso della scultura abitabile di Lucy Orta, Totipotent Architecture nel Parco lineare di corso Tazzoli, pensata per accogliere piรน persone, di giorno e anche di notte, grazie a uno specifico sistema di illuminazione. Cosรฌ come ย“illecitoย” risulterebbe lย’accesso notturno al Multiplayer di Stefano Arienti, un playground per i giochi di squadra collocato in una vicina area verde.

Eย’ evidente che quello che si รจ verificato in Italia in questi ultimi decenni, รจ una palese confusione tra spazio pubblico e ordine pubblico che si รจ sviluppata nelle sue forme piรน estreme anche attraverso unย’escalation ideologica e si รจ diffusa come una sorta di ย‘branding urbanoย’ con la comparsa del simbolo di un partito del Governo Berlusconi – la Lega Nord – sul selciato di due piazze di Cividate al Piano, in provincia di Bergamo, e di Carrรน in Piemonte, e sulla facciata e fra gli arredi della scuola pubblica appena costruita ad Adro, in provincia di Brescia.

Questa casistica di politiche e norme riconoscono quali requisiti necessari e distintivi del ย“buonย” cittadino la proprietร  per diritto, la stanzialitร  (e di qui, implicitamente, la residenza e la nazionalitร ). Al di lร  della cronaca, questi avvenimenti possono essere letti come epifenomeni di una strategia di erosione dellย’agorร  a favore dellย’oikos, suggellata dalla ridondanza dello slogan ย“padroni a casa nostraย” con un lessico che si รจ appropriato di parole quali comunitร  e territorio per restituirli in unย’accezione escludente.

Ci pare allora, tornando alla scala circoscritta di Nuovi Committenti a Torino, di rintracciare nelle richieste che hanno dato forma alle quattro opere di Mirafiori, una cultura civica fondata sullย’accesso e sulla partecipazione alla dinamica democratica, orientata alla produzione di beni collettivi, afferenti a una nozione di comunitร  – plurale e temporanea- che non preesiste allย’opera ma si ย‘faย’ e si definisce lungo tutto il corso del processo. Un processo esercitato attraverso una relazione consapevole e plurale che รจ posta a fondamento del protocollo di Nuovi Committenti, e in generale della metodologia di a.titolo. Queste pratiche hanno reso possibile la realizzazione nel quartiere torinese di un campo da gioco (il Multiplayer di Stefano Arienti) e di una scultura abitabile (Totipotent Architecture di Lucy Orta) entrambi situati in un parco, di unย’aiuola attrezzata allย’interno di un complesso residenziale di edilizia pubblica (lย’Aiuola Transatlantico di Claudia Losi), di un laboratorio didattico che ha trasformato i locali di unย’antica cappella attigua a un comprensorio scolastico (il Laboratorio di Storia e storie di Massimo Bartolini). Ognuna di queste opere circoscrive e qualifica uno spazio sociale, immaginato e prodotto da cittadini riuniti specificatamente per questo scopo, partecipi di una progettazione alimentata da un sapere civico che, per via riflessiva e dialettica, si รจ sviluppato attraverso lย’arte.

Tra i denominatori comuni che caratterizzano la declinazione torinese di Nuovi Committenti รจ evidente lย’assenza di istanze possessive – proprietarie di spazio – a favore dellย’accessibile, dellย’aperto, del trasparente, del multifunzionale e dunque del diversamente utilizzabile. Per definire questi processi e queste comunitร  abbiamo usato termini come ย“comunitร  di immaginarioย” e ย“comunitร  di desiderioย”. Due definizioni non casuali se si pensa che il CENSIS nel rapporto presentato nel dicembre 2010 ha individuato proprio nel desiderio, nel ย“tornare a desiderareย” ย“la virtรน civile necessaria per riattivare la dinamica di una societร  troppo appagata e appiattitaย”. Quello descritto nella ricerca รจ uno scenario di profonda crisi che unisce i problemi economi, i tagli dei bilanci, a livello centrale e locale, e il sistematico processo di svalutazione della cultura e delle arti in quello che fu Il bel paese e rende davvero attuale e auspicabile lย’approccio desiderante di Nuovi Committenti. Non รจ un caso che a Mirafiori Nord le ย“comunitร  di immaginarioย” si siano costituite attorno a narrazioni su macrotemi del vivere e dellย’esistente: memoria, sicurezza, paura, prossimitร , estraneitร . Oggi le opere del programma costituiscono formalmente ed esteticamente, delle presenze anomale rispetto a molti oggetti dellย’arredo urbano contemporaneo concepito e progettato sulle funzioni della cosiddetta ย“sicurezzaย”. In tutta la loro concretezza, appaiono quali figure inverse dello spazio ย“scabrosoย”, ย“viscidoย” e ย“nervosoย”descritto da Steven Flusty sulle quali oggi, sempre piรน spesso, si tende a pianificare lย’uso del territorio urbano e la vita quotidiana dei suoi cittadini.

a.titolo รจ unย’organizzazione non profit costituita da un gruppo di curatrici, storiche e critiche dย’arte ย– Giorgina Bertolino, Francesca Comisso, Nicoletta Leonardi, Lisa Parola e Luisa Perlo ย– con lo scopo di indagare e sperimentare le potenzialitร  dellย’arte contemporanea nellย’ambito della sfera pubblica e sociale. a.titolo cura progetti di arte pubblica e context specific, mostre, produzioni dย’artista, campagne fotografiche e progetti video, workshop, conferenze e pubblicazioni, promuovendo la relazione tra arte, territorio e comunitร . Attiva a Torino e in Piemonte dal 1997, a.titolo si รจ costituita come associazione culturale nel 2001. Dal 2001 a.titolo รจ referente per Torino e il Piemonte del modello per la produzione di arte nello spazio pubblico Nuovi Committenti, finalizzato alla produzione di opere dย’arte commissionate direttamente dai cittadini per i loro luoghi di vita o di lavoro, introdotto in Italia e promosso dalla Fondazione Adriano Olivetti di Roma sulla base di Nouveaux Commanditaires, concepito nel 1991 dallย’artista Franรงois Hers, responsabile dei progetti culturali della Fondation de France (www.newpatrons.eu) . Con Maurizio Cilli a.titolo ha ideato e curato il progetto dย’arte pubblica Situa.to (www.situa.to ) attivato nellย’ambito di Your Time ย– Turin 2010 European Youth Capital, un programma per lo spazio pubblico, unย’esperienza formativa a carattere interdisciplinare che ha coinvolto 30 giovani di etร  compresa tra i 22 e i 29 anni individuati tra oltre 200 candidati.

Dal 2009 a.titolo รจ stata incaricata della direzione artistica del CESAC, Centro Sperimentale per le Arti Contemporanee di Caraglio (Cn) per il triennio 2010-2012.

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Vittoria Ciolini, direttore di Dryphoto arte contemporanea, Prato
[expand title=”Spread in Prato: nove anni di esperienze nella cittร “][box]Vittoria Ciolini
Spread in Prato: nove anni di esperienze nella cittร ย 

Spread in Prato รจ un progetto a cura di Pier Luigi Tazzi in essere dal 2002.
Per tre anni รจ stataย  una mostra che si snodava nel tessuto cittadino fra aziende, esercizi commerciali, teatri, istituzioni, biblioteche, abitazioni poi abbiamo continuato in altri modi, e continuiamo ancora.
Nelle prime tre edizioni il curatore ha scelto gli artisti, le opere, la loro sequenza e la loro collocazione all’interno dei luoghi.
I luoghi rispondevano a quella che รจ la cartografia della cittร  contemporanea, il mondo dentro il quale viviamo giorno per giorno, la loro scelta non รจ casuale e sono stati scelti da Dryphoto.
Per un mese e mezzo per alcuni anni le opere d’arte sono entrate a far parte del quotidiano di un gran numero di persone e il quotidiano di queste persone รจ stato visibile forse per la prima volta agli operatori del mondo dell’arte.
Le opere sono state inserite in un contesto al quale solitamente non appartengono e talvolta hanno fatto nascere il sospetto di essere state lรฌ collocate per parlarti di altro, forse del rumore assordante dei telai, dei magazzini svuotati dalla crisi del tessile, della comunitร  cinese o di quella marocchina, della montagna di rifiuti che produciamo, del negozio di lusso ma anche del cheap cinese.
Spread in Prato รจ stato fino ad oggi l’accettazione del corpo della cittร , senza aggiungere altro a quello che giร  c’รจ, entrare in relazione con questo,ย  prendere la realtร  come รจ e non come dovrebbe essere.
La sua origine va ricercata nella vocazione politica che ha accompagnato la nostra attivitร  fino dalla nascita, cercare una relazione privilegiata con il territorio che abitiamo, lavorare tenendo conto del qui ed ora senza cadere in nessuna sorta di provincialismo.
Piรน precisamente le sue radiciย  sono da ricercare nella volontร  di uscire dai vari cerimoniali espositivi, volontร  che da tempo l’arte contemporanea ha espresso piรน volte, in modi e forme diverse, attraverso il rifiuto di vivere solo in ambiti privilegiati ed istituzionali per rapportarsi al territorio, alla vita che vi si svolge.

La prima edizione di Spread in Prato nasce appunto nel 2002, dopo un anno e mezzo di proficuo lavoro.
Avevamo compilato separatamente, noi e il curatore, due elenchi: uno comprendevaย  fabbriche, uffici,ย  showroom, supermercati,ย  negozi, ristoranti,ย  l’altro artisti che avevano usato prevalentemente o saltuariamente la fotografia come strumento espressivo.
La mostra si rivolgeva, prima di tutto, a chi in quei luoghi transitava, per lavoro, per vendere, per acquistare e poi anche al pubblicoย  dell’arte, perย  l’intera giornata inaugurale oppure su prenotazione durante lo svolgersi dell’esposizione.
In questa prima edizione la cittร  industriale e la cittร  multietnica sono state una sorta di modello rispondente al nostro, e non solo, immaginario all’interno del quale ci siamo mossi per trovare spazi in un certo qual modo ย“adattiย”: la cittร  fabbrica,ย  raccontataย  attraverso leย  industrie che neย  rappresentavano l’evoluzione storica e l’intera filiera tessile, la scelta di esercizi commerciali che mostravano come la popolazione e le abitudini della cittร  erano cambiate per l’inserimento di nuovi cittadini di origine straniera, che hanno portato loro usi, costumi e prodotti.
Il consolidamento del progetto conย  l’edizione delย  2003 ha significato per noi radicarsi, entrare nel tessuto della cittร , confrontarsi con un ibridismo dove le contaminazioni, gli accostamenti, gli agglomerati di frammentario ed eterogeneo paiono privi di ogni giustificazione e difficilmente riducibili alle parole piane di unaย descrizione. In pratica non รจ stata una seconda edizione ma unย  approfondimento, uno sviluppo del primo intervento.
Questa volta abbiamo incontrato non la cittร  disegnata dai politici e dagli urbanisti ma quella disegnata dalla gente. Una volta individuato il punto di partenza รจ stato nostro compito seguire una sorta di tracciato invisibile dato da una mappa determinata dalla vita e dalla gente, una geografia disegnata dalla pratica ordinaria delle relazioni.
Per questa edizione sono state anche prodotte delle opere dagli artistiย  Shao Yinong & Muchen e Robert Pettena.

L’edizione del 2004 ai luoghi della produzione e del consumo ha aggiunto quelli dello svago, della ricreazione, in un percorso temporale che inizia da una abitazione: รจ da casa infattiย  che di solito partiamo per andare ad assolvere ai nostri impegni quotidiani, poi pausa pranzo in un’altra casa, di nuovo fuori eย  infine a cena.
Le case per la colazione, il pranzo e la cena, essendo Spread in Prato un evento artistico, sono state case di collezionisti, scelti fra quelli impegnati nella vita culturale della cittร , e il pubblicoย  accreditato per questi appuntamenti รจ stato per metร  gli artisti coinvolti nel progetto e tutte le persone che a vario titolo avevano contribuito alla realizzazione della manifestazione e per l’altra metร  gli invitati della famiglia ospite.

Poi Spread in Prato รจ continuato con altre modalitร .
Nel 2005 l’artista invitata รจ stataย  Gea Casolaro e il suo lavoro Seguendo i fili che formano il tessuto della cittร  รจ stato esposto al Museo del Tessuto di Prato nell’edizione dell’anno 2006.
Nel 2006 anche Spread Remix,ย  singole opere delle passate edizioni inserite in una mostra insieme ad opere di Xu Tan e Zheng Guogu e l’invito ad unย  curatore,ย  Hu Fang, cofondatore e direttore artistico di Vitamin Creative Space di Guangzhou, perย  una rassegna video installata in una Casa del Popolo.
Per finire, lย’anno passato, attraverso la mostra di Thomas Ruff a Palazzo Buonamici, sede della Provincia, abbiamo riportato lย’arte dentro i palazzi del potere e, attraverso la presenza dell’arte, li abbiamo riaperti a una fruizione pubblica anche se temporanea.

Sin dalla prima edizione non abbiamo mai avuto un feedback, all’inizio non ci siamo posti il problema ma poi forse sarebbe stato interessante avere un ritorno delle esperienze del pubblico visto che avevamo sentito la necessitร  di uscire dagli spazi deputati per incontrare anche un pubblico diverso.
A me sembrava che inserire un’opera d’arte in un contesto quotidiano producesse giร  di per sรฉ un cambiamento simbolicamente forte, e sapevo perchรฉ necessitavo di questo cambiamento, ma concretamente questo nostro operare aveva prodotto degli spostamenti? E se si quali? Eravamo riusciti a innescare una risposta e unย’interazioneย  da parte del fruitore, con ricadute sul piano estetico e sociale? E con che mezzi avremmo potuto analizzare tutto ciรฒ senza rischiare di riportare il tutto entro schemi abusati e precostituiti, tipo questionari? Cercavamo un nuovo pubblico? L’abbiamo trovato? Oppure abbiamo trovato una nuova scenografia per il vecchio pubblico?
Un pubblico nuovo lo abbiamo trovato magari perรฒ occasionale, ma รจ importante fidelizzare il pubblico? Quanto era passato del messaggio estetico? Oppure quanto l’arte era stata intesa solo come pretesto per conoscere aspetti inediti della cittร ?
Inoltreย  quando abbiamo calato le opere d’arte in una scenografia reale mi sono resa conto che comunque queste raramente si mescolavano diventando parte integrante del contesto,ย  molto spesso mantenevano una autorevolezza tale daย  avereย  sempre una distanza rispetto al quotidiano che le circondava,ย  rimanevano insomma un evento extra-ordinario.
Va anche detto comunque che anche gli eventi extra-ordinari fanno parte della vita.

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Carlo Birrozzi, architetto, Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro, Ministero per i Beni e le Attivitร  Culturali
[expand title=”Arte e pubblicitร  nella cittร  storica, il caso di In Alto a Milano 2002-2004“][box]Carlo Birrozzi
Arte e pubblicitร  nella cittร  storica, il caso di In Alto a Milano 2002-2004

Lย’esperienza di IN ALTO ha coinvolto a Milano tra il 2002ย  e il 2004 le Soprintendenze per Beni Aarchitettonici e Paesaggio e per il Patrimonio Storico e Artistico ed Etnoantropologico e le Civiche raccolte dย’arte. รˆ nata perchรฉ la legge di tutela (oggi Dlgs 42/2004) impone lย’autorizzazione della competente Soprintendenza perย  lย’affissione di pubblicitร  su o in prossimitร  di beni tutelati. Questo obbligo normativo ha aperto una discussione tra questi uffici sul ruolo dei monumenti nello spazio urbano e nella cittร  storica oggi.

Nei cantieri di restauro di edifici nel centro cittadino, la temporanea sottrazione dellย’edificio alla visione crea un vuoto generalmente divorato dalla pubblicitร , che in quegli anni, prima della crisi, investiva ancora ingenti risorse. Questa cannibalizzazione aveva perรฒ suscitato non poche critiche e malumori apparsi anche sui quotidiani. La pubblicitร  costruisce una rete continua allย’altezza dellย’occhio dellย’osservatore monopolizzandone lย’attenzione, lasciando in secondo piano le piazze, le case, i monumenti. Il linguaggio che usa e la sua presenza in tutti i momenti della vita le consente di agire in modo subliminale.

Ci siamo domandati, quindi, se il linguaggio dellย’arte contemporanea avrebbe potuto spezzare la consuetudine a non guardare, insinuare un dubbio, una visione differente durante lย’attraversamento della cittร . Abbiamo quindi proposto ai concessionari di pubblicitร  di esporre accanto al loro messaggio unย’opera dย’arte creata appositamente per quel luogo provando a imporre in questo modo una pausa al sottofondo martellante di immagini note con unย’altra che ย“parlasse allย’altra metร  di noiย”, quella distratta.

Elio Grazioli nel testo prodotto per il catalogo della iniziativa interpreta bene questa aspirazione e sostiene che lย’arte deve ย“insinuare unย’altra visione, altri modi dย’intendere, di sentire, altre sensibilitร ย” e Marco Belpoliti nello stesso testo dice: ย“credo che lย’arte si faccia oggi come fatto politico e non come fatto estetico. Per fatto politico intendo dire che lย’artista oggi รจ tale non se fa delle belle opere, ma se aggredisce in modo politico dei gangli vitali, dei punti dolenti o complessi della societร .ย” Questa seconda affermazione richiama la responsabilitร  della committenza che, nel caso in cui si tratti di un ente pubblico, deve essere ancora piรน accorta e consapevole. Nellย’ambito del progetto abbiamo riflettuto a lungo sugli artisti da coinvolgere e sulle loro proposte, giungendo a modificarne alcune o addirittura a rifiutarle quando non idonee.

Per la scelta delle localitร  e degli artisti รจ stato formato, tra gli enti coinvolti, un gruppo di lavoro, che ha deciso di farsi supportare da un gruppo di esperti attenti anche al panorama giovanile operante a Milano: Corrado Levi, Luca Beatrice e Alessandra Pioselli, in una seconda fase Stefano Chiodi e Andrea Lissoni.ย  Lย’iniziativa รจ stata accolta dai concessionari di pubblicitร  e quindi รจ potuta partire, ovviamente senza soldi. Agli artisti รจ stato chiestoย  di interpretare il luogo e il tempo in cui agivano e sono stati seguiti nella produzione delle loro opere. Purtroppo non รจ mai stato possibile conoscere quali fossero i messaggi pubblicitari con i quali condividevano lo spazio. Nella prima edizione Paola Di Bello con Lย’enigma dellย’ora ha interpretato lo spazio del cortile di Brera e il cantiere di restauro del suo orologio; il cortile del Centro Svizzero di Cultura ha ospitato Ugo Rondinone con unย’opera poetica adatta ad uno spazio raccolto; Ottonella Mocellin ha proposto un lavoro di rottura sullย’Arco della Pace. Successivamente Sarah Ciracรฌ ha reinterpretato un simbolo pacifista in un triste momento di guerra. Carla Accardi ha offerto unย’opera per la facciata di S. Fedele e Giuseppe Depetro elaborato una immagine per il cantiere del Teatro alla Scala. Stefano Arienti ha giocato con temi leonardeschi sullย’abside delle Grazie e Botto e Bruno parlato delle periferie in un quartiere milanese votato al divertimento.

Il passo successivo รจ stato quello di trasformare tutto il volume del ponteggio in unย’opera dย’arte avvolgendolo con un pattern studiato ancora da artisti e designer: il grande volume di porta Garibaldi รจ stato inviluppato in una carta da parati di Francesco Simeti, la facciata delle Grazie dalle sofisticate immagini di Flavio Favelli e da ultia quella di Palazzo Reale dalle geometrie dello Studio Rota.
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Roberto Pinto, ricercatore di Storia dellย’arte contemporanea, Universitร  degli Studi di Trento
[expand title=”Importanza e criticitร  dellย’arte negli spazi pubblici: due esempi nella cittร  di Trento“][box]Roberto Pinto
Importanza e criticitร  dellย’arte negli spazi pubblici: due esempi nella cittร  di Trento

Negli ultimi anni si รจ spesso affrontato in modo contraddittorio e polemico l’apparire di interventi artistici negli spazi pubblici. A questo riguardo si sono organizzati convegni, mostre temporanee e sono stati commissionati da istituzioni alcuni lavori permanenti agli artisti, sempre suscitando forti reazioni di pubblico e dei media. Proprio a partire da due lavori realizzati per la cittร  di Trento ย— uno temporaneo, l’altro permanente ย— cercherรฒ di imbastire alcuni ragionamenti sull’importanza che l’arte assume nello spazio pubblico e, parallelamente, sottolineare la criticitร  che tali opere sollevano proprio per la loro collocazione.

In Trentino si รจ investito molto nel valore sociale dell’arte e nel ruolo pubblico delle istituzioni, basti pensare alla crescente importanza ricoperta dal MART a Rovereto e, anche se in misura minore, dalla Fondazione Galleria Civica di Trento. Tale attenzione alla cultura e all’arte ha coinvolto in alcuni casi anche lo spazio socialmente condiviso. Nel mio intervento prenderรฒ come esempio per alcune riflessioni piรน generali, l’opera di Gillian Wearing Monumento alla famiglia, realizzato nella primavera del 2007 e commissionato all’artista inglese da Fabio Cavallucci allora direttore della Galleria Civica di Trento e l’intervento temporaneo di Lara Favaretto intorno al Monumento a Dante Alighieri, nel settembre del 2009, sempre sostenuto dalla Civica (appena trasformata in Fondazione), dal neodirettore Andrea Viliani.

Per realizzare il suo Monumento alla famiglia Gillian Wearing ha selezionato una famiglia, in rappresentanza del tipico nucleo familiare, attraverso un lungo processo che ha coinvolto la cittadinanza anche tramite televisioni e giornali locali. Dopo questo lungo “prologo” l’artista ha realizzato una scultura ย— fisicamente scolpita da maestranze cinesi su commissione dell’artista ย— in modo estremamente convenzionale e “realista” collocandola nei giardini antistanti la stazione ferroviaria. All’inaugurazione del monumento un piccolo drappello di cittadini trentini hanno inscenato una piccola e colorita protesta contro i valori espressi, secondo loro, dalla scultura.

L’opera di Lara Favaretto faceva parte di un progetto in piรน tappe, Momentary Monument, incentrato sulla possibilitร  di creare monumenti temporanei che potessero aiutare la comunitร  a preservare alcuni aspetti della memoria collettiva. Nonostante tale aspetto, legato alle tradizionali funzione del monumento e dell’arte negli spazi pubblici, gli organi di stampa, locali e nazionali, hanno parlato diffusamente di Momentary Monument 3 non per i suoi valori estetici o sociali, ma per essere stato al centro di polemiche e proteste provenienti da parte della cittadinanza.

Lย’installazione di Lara Favaretto, realizzata in occasione di una mostra diffusa su tutta la cittร , cosรฌ come il precedente intervento di Gillian Wearing, credo siano degli esempi che ci permettono di indagare funzioni, possibilitร  e limiti degli interventi artistici all’interno di spazi socialmente condivisi. Opere che ci costringono a porci alcune domande che sono necessaria premessa a qualsiasi intervento artistico nelle piazze e nelle strade cittadine: qual รจ il ruolo dell’arte negli spazi pubblici? Che rapporto si deve instaurare tra l’opera d’arte e i cittadini? A quale pubblico si deve rivolgere? Quali sono i limiti degli interventi artistici? Questi sono solo alcuni degli interrogativi che l’arte pubblica ha sollevato nel corso degli anni con i suoi interventi, eย  che le opere trentine hanno riportato per motivi diversi, al centro del dibattito.
[/box][/expand] A conclusione dei lavori:

Presentazione del progetto ART AROUND da parte di Matteo Balduzzi, curatore, Museo di Fotografia Contemporanea e Marie Le Mounier, artista e docente di fotografia, La Cambre, Bruxelles

Conversazione tra Beat Streuli e Roberta Valtorta, direttore scientifico del Museo di Fotografia Contemporanea

DOWNLOAD: PDF PROGRAMMA ARTE E PUBBLICO

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Con l’etichetta di arte pubblica, ormai tanto diffusa da risultare abusata, sono identificate opere, progetti ed esperienze molto diverse per natura, durata, modalitร  di coinvolgimento del vasto pubblico in operazioni di tipo artistico.
Nel corso degli ultimi ventย’anni sempre piรน spesso istituzioni ed enti pubblici hanno fatto ricorso a progetti partecipativi non soltanto nell’ottica di sostenere e favorire la sperimentazione nella ricerca artistica ma anche nell’intento di creare operazioni innovative di comunicazione e di promozione delle istituzioni stesse e del territorio, alla ricerca di nuovi pubblici lontani dal sistema dell’arte.

Portare lย’opera dย’arte in luoghi inconsueti, diversi dalla gallerie e dai musei, e coinvolgere i cittadini nella costruzione di opere dย’arte inedite e, nellย’intenzione, innovative e socialmente significative fino a renderli, talvolta, autori e non piรน semplici fruitori, รจ spesso apparsa una soluzione innovativa e aperta per lย’arte contemporanea oggi costretta a misurarsi sempre di piรน con una societร  massificata e dominata dai media e con un mercato sempre in cerca di nuovi sbocchi.

Dopo il susseguirsi di molti progetti, รจ oggi forse possibile guardare queste esperienze in una – seppur breve – prospettiva storica e al contempo, di fronte alla profonda crisi economica e culturale che mette in discussione la sopravvivenza stessa di musei ed istituzioni pubbliche, interrogarsi su quali siano i risultati, le ambiguitร  e le prospettive di una progettazione artistica aperta, ibrida e complessa.

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Il seminario รจ stato realizzato grazie al contributo dell’Associazione
Amici del Museo di Fotografia Contemporanea

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