HOMAGE TO GABRIELE BASILICO

OMAGGIO A GABRIELE BASILICO

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L’autore nelle collezioni nelle collezioni del Museo di Fotografia Contemporanea

Homage to Gabriele Basilico From the Museum’s collection

Curated by Roberta Valtorta

The exhibition was dedicated to Gabriele Basilico (Milan, 1944-2013), master of contemporary European photography, three months after his death. Trained as an architect, Basilico began photographing in the mid-‘60s, first doing reportage and then moving to documentary photography and developing a personal method of reading the city and the metropolis, the urban-industrial complex, the transition of the landscape from industrial to post-industrial. The exhibition, not a proper anthology, makes no claim to completeness with respect to the breadth of Basilico’s work, but it is offers substantial testimony to the weight that his photographs have in the collections of the Museum, which conserves nearly 1,000 of them. The exhibition includes photographs from his first period (Glasgow 1969, Milan’s Low-income Neighborhoods 1970-73, Terni 1976, Dancing in Emilia 1978, Contact 1978, In Full Sun 1978, Milan’s Urban Environment 1978-81) and the core works of some of his most important projects: Milano. Ritratti di fabbriche, 1978-80, Bord de mer 1984-85 (DATAR Mission Photographique); Beirut 1991; Barcelona, Bilbao, Hamburg, Rome, Givors, Cahors 1980s-90s; places of the Province of Milan 1987-1997 (Spazio Archive project); Lorenteggio 1998 (Milan Without Borders project).

Museo di Fotografia Contemporanea 22 May - 6 October 2013

Gabriele Basilico (Milan, 1944-2013), an architect by training, is one of the greatest contemporary Italian photographers and one of the best known internationally. Since the mid-‘70s he has devoted his tireless and methodical research to the city as a complex organism and to the transformations of the post-industrial landscape.

MUFOCO EDUCATIONAL

MUFOCO EDUCATIONAL OMAGGIO A GABRIELE BASILICO Glasgow 1969 Glasgow, 1969 Uno dei primi lavori di Gabriele Basilico, ancora giovane studente di architettura, è stato Processo di trasformazione di una città, frutto di un unico rullino, pochi fotogrammi che raccontano un quartiere di Glasgow, in Scozia, che stava per essere demolito. Fu quel viaggio a segnare l’inizio della sua carriera di fotografo: Basilico cammina per le strade della periferia scozzese incontrando bambini e ragazzi, condivide con loro un dialogo, un gioco, un sorriso, la messa in posa prima dello scatto. La strada diventa il fil rouge, sono fotografie che dimostrano un’attenzione all’aspetto sociale, all’attimo e al movimento, con stile molto diverso da quello che lo farà conoscere in tutto il mondo come uno dei massimi interpreti della fotografia di architettura. Quando Basilico tornò a Milano mostrò il lavoro a Lanfranco Colombo, che gli dedicò immediatamente una mostra alla sua galleria milanese Il Diaframma. Fu la sua prima mostra. Quarto Oggiaro 1969 Milano. Quarto Oggiaro, 1970-1973 Questa fotografia è scattata da Gabriele Basilico all’inizio della carriera, in quello che era allora uno dei più difficili quartieri popolari di Milano, caratterizzato da un’esplosione edilizia e da grandi tensioni sociali. Realizzata con un linguaggio ancora fortemente legato alla tradizione del reportage, testimonia una forte tensione sociale e un interesse per la forma urbana che nel corso degli anni successivi avrebbero trovato forma più compiuta nei grandi progetti documentari, espressione di un personale metodo di lettura delle città e del paesaggio, nel suo cambiamento dall’era industriale a quella post-industriale. Milano, 1970-1973 Milano, 1970-1973 Una Milano insolita, lontana dall’idea di metropoli e dalla frenetica vita della città, una Milano silenziosa, vuota. Realizzata agli esordi della carriera, in un periodo di formazione in cui sono ancora molto forti le influenze del linguaggio prevalente del momento, il reportage, questa fotografia presenta già alcuni elementi che caratterizzeranno le ricerche più mature dell’autore, come l’interesse per lo spazio urbano e per i volumi degli edifici. In questo caso è lo spigolo del muro a strutturare l’immagine con decisione, dividendola in due metà, mentre nel centro la freccia di un cartello stradale punta verso l’alto in un punto non definito del cielo, lasciando aperte infinite possibilità di visione. In pieno sole In pieno sole, 1978 La pelle del nostro corpo è sensibile alla luce e reagisce scurendosi alla sua esposizione con un processo analogo a quello della fotografia. Così, se una stoffa copre una porzione di corpo, la parte scoperta rimarrà impressionata, proprio come avviene alla carta emulsionata. Gabriele Basilico, noto fotografo di architettura e paesaggio, negli anni Settanta affronta questo insolito tema con ironia e senso del grottesco: il corpo, abbronzato e unto da creme solari, diventa oggetto plastico e foto-sensibile. Contact Contact, 1978 A metà degli anni Settanta, partecipe di una riflessione su industria e design, Gabriele Basilico utilizza la fotografia per affrontare il tema del rapporto tra oggetto e corpo, focalizzando la sua attenzione sull’idea di ‘traccia’ come segno di contatto, dal punto di vista figurativo e simbolico. Queste immagini dal tono ironico, in contrasto con la rigorosa strutturazione del punto di vista zenitale, mostrano attraverso una serie di dittici le impronte precise, ben visibili, lasciate dalle texture di varie sedute sui corpi con cui entrano in contatto, come un tatuaggio provvisorio, un bassorilievo, un calco. Le inquadrature dall’alto, strette sugli oggetti d’indagine, evidenziano la relazione che intercorre tra sedute e sederi. Dancing in Emilia, 1978 Dancing in Emilia, 1978 Dopo una prima ‘ricognizione’ lungo la via Emilia alla scoperta delle architetture dei moderni dancing che stavano sostituendo le ormai invecchiate balere, Gabriele Basilico torna ripetutamente nei luoghi dedicati al ballo per raccogliere ritratti e scene in cui sono protagoniste le persone, piuttosto che gli edifici: coppie, giovani, gruppi, dj, ballerine e presentatori sono sorpresi dalla luce chiara del flash, che illumina la scena lasciando poco spazio a ciò che sta intorno. Caratterizzate da un linguaggio leggero, ironico e affettuoso, le fotografie di Basilico compongono lo spettacolo di un fenomeno antropologico fiorente, che trova esito nella prima pubblicazione dell’autore, Dancing in Emilia, del 1981. Milano. Ritratti di fabbriche, 1978-1980 Milano. Ritratti di fabbriche, 1978-1980 É una giornata tersa del weekend di Pasqua del 1978 quando Gabriele Basilico inizia il celebre progetto Ritratti di fabbriche, “un catalogo di immagini della periferia milanese che presenta una ricomposizione visiva di un paesaggio urbano poco noto”, come lui stesso afferma. Con un approccio sistematico di catalogazione, influenzato dalla ricerca sull’archeologia industriale dei coniugi Becher, carta topografica alla mano, il fotografo si dedica ad una mappatura delle fabbriche della città, proprio nel momento in cui Milano vive un processo di de-industrializzazione. La luce, elemento fondamentale della ricerca, genera ombre profonde che definiscono gli edifici permettendo alle architetture di manifestarsi nella loro concretezza ed essenza; la fabbrica si dematerializza per trasformarsi in un disegno di linee e forme, contrasti di bianco e nero mediati da uno sguardo lento, riflessivo, puro e geometrico che, da qui in poi, caratterizzerà lo stile inconfondibile di Gabriele Basilico. . Boulogne-sur-mer. Mission Photographique de la DATAR, 1985 Boulogne-sur-mer, 1985 Nel 1984 il governo francese avvia un importante progetto di documentazione sulle trasformazioni del territorio, la Mission Photographique de la DATAR: Gabriele Basilico viene invitato a partecipare come unico italiano insieme ad altri 27 fotografi provenienti da tutto il mondo. E’ per lui il primo grande riconoscimento internazionale. Lavora sulla costa nord-occidentale della Francia, osservando con sguardo nuovo, lento, gli ampi paesaggi fatti di cielo, vento, nubi e mare, scoprendo il fascino delle grandi vedute. Così afferma: “L’incarico (...) ha determinato un mio nuovo atteggiamento contemplativo verso il paesaggio, come a voler cogliere nell’immagine tutti i particolari, fino alla complessità delle cose che, a una minuziosa osservazione, il paesaggio poteva restituire.” Le fotografie realizzate per questa committenza sono poi sfociate nella pubblicazione di Bord de Mer (1990). Beirut, 1991 Beirut, 1991 Nel 1991 Gabriele Basilico viene coinvolto, insieme ad altri 5 maestri della fotografia internazionale, in un progetto di documentazione fotografica dell’area centrale della città di Beirut, capitale libanese devastata da una guerra, appena terminata. L’obiettivo era di riuscire a raccontare lo ‘stato delle cose’ di quel momento, perché le immagini potessero contribuire a costruire la memoria storica della città. Il fotografo afferma: “La città sembrava affetta da una malattia della pelle, spaventosa, che stava a sottolineare l’assurdità di qualsiasi guerra. Non mi sono fermato a questa impressione, ma ho cercato di immaginare la città nella sua forma originaria, pronta a riprendere la vita interrotta.” Basilico inizia così un’esplorazione sistematica dello spazio, restituendo una visione strutturale della città, capace di suggerire una condizione architettonica di normalità pur nell’assurda devastazione causata dalla guerra. Sesto San Giovanni, 1992 Sesto San Giovanni, 1992 Per Gabriele Basilico le città sono il frutto dell’opera dell’uomo, il risultato delle trasformazioni sociali ed economiche dell’epoca industriale e post-industriale. Il suo lavoro sulle aree urbane, sulle trasformazioni del paesaggio contemporaneo, si inserisce con coerenza nell’ambito del progetto di committenza Archivio dello Spazio, un’articolata documentazione del territorio della provincia di Milano realizzata da 58 fotografi italiani tra il 1987 e il 1997. Nelle aree occupate dalle ex-acciaierie Falck di Sesto San Giovanni, Basilico fotografa gli edifici fino a poco tempo prima centro della produzione dell'impresa. In quest’immagine, la strada, la cisterna e la torre dell’acqua si inseriscono come sculture nel paesaggio, definite da uno squarcio di luce, con un immediato richiamo ai soggetti dei paesaggi industriali dei coniugi tedeschi Bernd e Hilla Becher. Milano, 1998 Milano, 1998 Gli edifici a torre nei pressi del quartiere Lorenteggio si stagliano netti e imponenti sullo sfondo dell’immagine, una scacchiera di grigi ne definisce la loro imponenza, i volumi architettonici sono chiari e aiutano a delineare la profondità dei piani. Gabriele Basilico torna a misurarsi con la sua città in occasione di Milano senza confini, una committenza promossa dalla Provincia di Milano nel 1998-1999 e affidata a 10 artisti italiani ed europei, intesa come ideale completamento delle campagne fotografiche di Archivio dello Spazio. Il suo lavoro su Milano inizia con rigore di osservazione, contemplazione, con una ricerca sulla distanza, sulla misurazione continua per trovare un equilibrio tra ‘un qui e un là’, quasi a riordinare lo spazio cercando un senso di identità del luogo. I temi del paesaggio antropizzato, della stratificazione urbana, della marginalità, delle periferie e delle aree in ridefinizione sono per il fotografo una continua ricerca per raccontare una nuova identità della città in continua e veloce trasformazione.

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