RITRATTO PAESAGGIO ASTRATTO

RITRATTO PAESAGGIO ASTRATTO

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Tre percorsi nelle collezioni

RITRATTO PAESAGGIO ASTRATTO. Tre percorsi nelle collezioni

A cura del Servizio educativo

Il Museo di Fotografia Contemporanea presenta la mostra Ritratto Paesaggio Astratto, pensata dal Servizio educativo per avvicinare i diversi pubblici alla conoscenza del patrimonio conservato nell’archivio e nella biblioteca specialistica. Organizzata in tre percorsi tematici di carattere divulgativo e didattico, l’esposizione presenta una selezione di oltre cento opere dalle collezioni e offre una significativa panoramica sull’evoluzione della fotografia, soprattutto italiana, dal Secondo dopoguerra a oggi.

Un volto, un primissimo piano, un profilo, un mezzo busto, un piano americano, un autoritratto, una persona in piedi o a cavallo…

La figura umana è sempre stata un soggetto affascinante per gli artisti di tutti i tempi. Il genere del ritratto, nato in epoca rinascimentale quando nell’arte si percepiva chiaramente la centralità dell’uomo, era riservato ai pochi che potevano permetterselo: sovrani, imperatori, ricchi esponenti dell’aristocrazia. In fotografia il ritratto è stato uno dei primi generi a prendere piede nella società  e piano piano tutti hanno avuto la possibilità di lasciare una traccia di sé attraverso la raffigurazione del proprio volto. Dallo studio, la pratica del ritratto si è spostata in esterno, aggiungendo elementi di definizione dell’identità e inserendosi nel racconto del quotidiano. Della tradizione classica il ritratto conserva il carico di affetto, di complicità tra chi fotografa e chi è fotografato, fino a giungere più in profondità verso una ricerca interiore e psicologica.

Mare, montagne o colline, strade, palazzi, insegne, vedute d’insieme o particolari, dall’alto o dal bordo di un marciapiede?

La fotografia si rivela fin dalla sua nascita un mezzo particolarmente efficace per rappresentare i luoghi, l’ambiente, il territorio: durante tutto l’Ottocento si relaziona con la tradizione delle vedute pittoriche per assumere ben presto uno sguardo autonomo, capace di interpretare il mondo in senso molto più ampio. Nella fotografia italiana più recente, il paesaggio riveste un ruolo da protagonista: a partire dagli anni Settanta del Novecento molti autori elaborano nuove chiavi di lettura, più consapevoli, quotidiane, meno legate alla spettacolarizzazione del luogo, da cui si sviluppa un filone di ricerca ancora molto attuale.

Con rinnovata sensibilità verso i temi dell’ambiente, delle risorse e dei destini politici e sociali, la rappresentazione del paesaggio si allontana sempre più da un’idea di contemplazione a favore di nuove strategie visive e narrative che riattivano il dialogo con l’identità dei luoghi.

Cosa può significare fotografia astratta?

Difficile avvicinare due termini così diversi, due mondi che, nell’accezione comune risultano ben lontani l’uno dall’altro, dato che la fotografia è, per sua stessa natura, la riproduzione di una porzione di realtà. Essa documenta fatti, luoghi o personaggi, tanto che se arriva a trascurare il particolare, o non si preoccupa del dato reale, o addirittura evita l’effetto prospettico, per alcuni non dovrebbe avere ragione d’esistere. Eppure molti fotografi hanno operato per applicare gli schemi astratti, oltre che nel campo puramente artistico, anche alla fotografia, ottenendo risultati sorprendenti. È nell’ambito delle Avanguardie che crolla il concetto di rappresentazione:  la fotografia si orienta verso le forme astratte, sperimentando soluzioni espressive che non hanno più la realtà visibile come riferimento. Alcuni artisti agiscono direttamente sulla materia e sui supporti con le tecniche più diverse, sia in camera oscura che nel campo dell’elaborazione digitale, altri scelgono la normale ripresa fotografica per generare, attraverso punti di vista alternativi, forme astratte prelevate dalla realtà.

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RITRATTO
PAESAGGIO
ASTRATTO
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La fotografia umanista 01 La fotografia umanista Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, in Europa e in particolar modo in Francia si sviluppa una tendenza che pone al centro della sua ricerca l’essere umano nella sua quotidianità, definita Fotografia umanista. Tra gli esponenti principali si trovano Henri Cartier-Bresson, Robert Doisneau, Izis, Willy Ronis, autori capaci di rivolgere lo sguardo verso le persone, i gesti, le emozioni con grande realismo e poesia alla ricerca di un significato esistenziale più profondo e universale. A questa stessa generazione di fotografi appartiene anche Gianni Berengo Gardin (Santa Margherita Ligure, 1930) che racconta con appassionata vicinanza, da più di 50 anni, la vita, il tempo libero, lo svago degli italiani. La ricerca degli anni Settanta La ricerca degli anni Settanta Dalla fine degli anni Sessanta e per tutto il decennio successivo,
la scena artistica vive una stagione di grande fermento. Sono gli anni della cultura hippie, della liberazione sessuale, del femminismo, dell’utopia che immagina una società libera nella quale pubblico e privato coincidano. E’ il tempo dei concerti di Woodstock, dell'Isola di Wight, della minigonna e del topless, è il tempo della Body Art, della performance, degli happening, delle neoavanguardie. La fotografia diventa uno dei linguaggi dell’arte contemporanea, si intreccia con altre discipline, esplora nuove possibilità espressive, indaga le proprie potenzialità concettuali e materiali, discute il proprio ruolo nella società di massa e sperimenta, mette alla prova, provoca, ponendosi al tempo stesso sia come soggetto che come strumento di ricerca nelle mani degli artisti.
Gente di Brera Gente di Brera Tra il 1980 e il 1981 Enzo Nocera (Milano, 1911-1993) realizza una serie di 140 ritratti nota come Gente di Brera: una galleria di figure, persone note e meno note, abitanti del quartiere milanese, lavoratori che operano nella città, intellettuali o artisti che popolano la scena culturale urbana. I ritratti in studio di Nocera, in posa, con le luci ben studiate e uno sfondo neutro ma caratteristico, mettono al centro l’uomo e la sua personalità, spesso legata alla professione.
Una serie, quella di Enzo Nocera, che affonda le sue radici nella storia della fotografia di ritratto: come August Sander negli anni Venti e Trenta del Novecento aveva creato un eterogeneo catalogo di categorie umane, documento unico e irripetibile della società tedesca pre-nazista, così i volti della Gente di Brera sono le testimonianze dell’identità storica del quartiere che proprio in quegli anni si sta trasformando, per diventare come lo conosciamo ora.
2.a.m. Family Business Society 2.a.m. Family Business Society Nel 2006 Luigi Gariglio (Torino, 1968) realizza il progetto 2 a.m. Family Business Society nella città di Jyväskylä, in Finlandia: l’identità culturale degli abitanti è definita dallo stretto rapporto con la natura e dall’attività lavorativa che si tramanda di padre in figlio. Le persone ritratte sono la più giovane generazione dell’azienda familiare in posa nell’ambiente naturale,che non solo è sfondo ma soggetto esso stesso.

L’autore realizza i suoi ritratti con una certa libertà di inquadratura, pur mantenendo una omogeneità di visione data dallo stesso orario di scatto – le 2 del mattino – e dall’immersione dei soggetti nell’ambiente naturale. Ogni ritratto fa parte di un trittico completato da un’immagine del proprio avo - ri-fotografata a terra nello stesso luogo in cui è stato realizzato il ritratto –e da un testo, scritto dal soggetto fotografato, che tocca i temi della memoria familiare e dell’identità individuale e collettiva.
Carte de Visite. Un album fotografico di quartiere. Carte de Visite. Un album fotografico di quartiere. Il ritratto in mostra fa parte di Carte de Visite, un progetto di fotografia a forte carattere sociale realizzato da Arianna Arcara (Monza, 1984) nel quartiere Crocetta di Cinisello Balsamo per indagare le relazioni, le ritualità e gli usi legati al ritratto fotografico.
L’artista ha aperto uno studio fotografico temporaneo come semplice servizio agli abitanti del quartiere, realizzando tra novembre 2019 e febbraio 2020 oltre 600 ritratti che le persone appartenenti alle diverse comunità hanno utilizzato per i documenti – passaporti o permessi di soggiorno - o da mandare alle famiglie nei Paesi di origine.
Una parte delle fotografie realizzate e successivamente esposte in una mostra, sono state ‘censurate’ per sottostare al diritto di riservatezza dei partecipanti.
Milano. Ritratti di fabbriche Milano. Ritratti di fabbriche È una giornata tersa del weekend di Pasqua del 1978 quando Gabriele Basilico (Milano, 1944-2013) inizia il progetto Ritratti di fabbriche, “un catalogo di immagini della periferia milanese che presenta una ricomposizione visiva di un paesaggio urbano poco noto”, come lui stesso afferma.
Con un approccio sistematico, carta topografica alla mano, il fotografo si dedica a una mappatura delle fabbriche della città, proprio nel momento in cui Milano vive un processo di de-industrializzazione. La luce, elemento fondamentale della ricerca, genera ombre profonde che definiscono gli edifici permettendo alle architetture di manifestarsi nella loro concretezza ed essenza: la fabbrica si dematerializza per trasformarsi in un disegno di linee e forme, contrasti di bianco e nero mediati da uno sguardo lento, riflessivo, puro e geometrico che, da qui in poi, caratterizzerà lo stile di Gabriele Basilico, grande maestro della fotografia italiana ed europea
L’esperienza di Viaggio in Italia L’esperienza di Viaggio in Italia Parallelamente alle ricerche dei fotografi americani - dai New Topographics a Eggleston o Shore - alcuni fotografi italiani negli anni Settanta tornano a interessarsi al paesaggio distanziandosi dal reportage quanto dall’idea Ottocentesca del Grand Tour, dei Fratelli Alinari e dell’immagine del Bel Paese fino ad allora emersa.
Luigi Ghirri si fa interprete di questo nuovo sguardo e coinvolge questa nuova generazione di fotografi in un processo culturale che convergerà nel progetto Viaggio in Italia, presentato nel 1984 in una mostra a Bari e pubblicato in un libro destinato a diventare il manifesto della Scuola italiana di Paesaggio.
Viaggio in Italia propone un nuovo ABC del paesaggio italiano, indagato secondo un approccio intellettuale ma anche affettivo, senza stereotipi né gerarchie. Le fotografie sono semplici ma spesso enigmatiche, fino a suggerire un senso di spaesamento, e sono un invito a riflettere sulla quotidianità del nostro paesaggio.
Gli autori coinvolti sono Olivo Barbieri, Gabriele Basilico, Giannantonio Battistella, Vincenzo Castella, Andrea Cavazzuti, Giovanni Chiaramonte, Mario Cresci, Vittore Fossati, Carlo Garzia, Guido Guidi, Luigi Ghirri, Shelley Hill, Mimmo Jodice, Gianni Leone, Claude Nori, Umberto Sartorello, Mario Tinelli, Ernesto Tuliozi, Fulvio Ventura e Cuchi White.
Archivio dello Spazio, un progetto di committenza pubblica Archivio dello Spazio, un progetto di committenza pubblica Nei primi anni Ottanta del Novecento la Provincia di Milano avvia il Progetto Beni Architettonici e Ambientali, mirato alla rilevazione e alla schedatura dei beni presenti sul territorio provinciale e avente come fine la promozione della conoscenza e la valorizzazione del territorio. Parallelamente ai lavori di schedatura vengono affidati incarichi ai più importanti fotografi che lavorano sul tema del paesaggio, con l’obiettivo di evitare una documentazione puramente strumentale a favore di una lettura della complessità e dell'attualità del paesaggio contemporaneo nel quale i beni si trovano oggi collocati.
Dal 1987 al 1997 vengono organizzate sette campagne fotografiche sui territori dei quasi duecento Comuni della Provincia di Milano. Il lungo progetto fotografico di committenza pubblica, che prende il nome di Archivio dello spazio, vede impegnati 58 fotografi, dai maestri italiani del paesaggio fino alle giovani generazioni, con la partecipazione di due autori stranieri. Dalla vasta raccolta delle quasi 8000 stampe d’autore nasce l’idea di dare vita a un centro permanente per la conservazione, la catalogazione, lo studio e la valorizzazione della fotografia, che è oggi il Museo di Fotografia Contemporanea.
La Scuola di Dusseldorf La Scuola di Dusseldorf Thomas Struth (Geldern, 1954) è uno dei maggiori esponenti della Scuola di Düsseldorf. Allievo di Bernd e Hilla Becher (che fin dalla fine degli anni Cinquanta si dedicano con approccio concettuale alle ricerche sulle strutture industriali della Germania ), Struth condivide con i compagni e colleghi - Candida Höfer, Thomas Ruff, Andreas Gursky - un approccio visivo che fa dell’oggettività documentaria una delle cifre stilistiche più riconoscibili: distanza dal soggetto, assenza di coinvolgimento emotivo, inquadrature frontali e linee dritte, uso del colore, formati di stampa molto grandi.
Nelle fotografie degli esponenti della Scuola di Düsseldorf.prevalgono un approccio descrittivo e sistematico e un grande rigore compositivo, che nel corso degli anni si integra con un’interessante libertà di manipolazione e sperimentazione digitale dove l’ambiguità tra realtà e finzione traccia una sottile linea di riflessione sull’immagine contemporanea.
Site Specific Site Specific L’immagine appartiene a una serie di lavori, che prendono il nome di Site Specific, a cui Olivo Barbieri (Carpi, 1954) si dedica dal 2004 proponendo vedute dalle città di tutto il mondo, da Roma a Londra, New York, Brasilia, Shangai, Tel Aviv. In volo su un elicottero, con la possibilità di distaccarsi da strade, palazzi, traffico, rumori, realizza immagini caratterizzate da un punto di vista inusuale che permette di capire la forma delle metropoli contemporanee e da una marcata elaborazione digitale.
Nell’opera esposta, il grande formato e il bianco e nero, atipico per una fotografia così contemporanea nel soggetto e nel linguaggio, ci invitano a scrutare ogni dettaglio dell’edificio in costruzione - Palazzo Lombardia a Milano - alla ricerca di una moltitudine di particolari, accentuati dall’esplicito utilizzo di postproduzione.
Tra Luigi Ghirri e Letizia Battaglia Tra Luigi Ghirri e Letizia Battaglia La fotografia esposta fa parte dell’articolato lavoro Corpi di Reato di Tommaso Bonaventura (Roma, 1969) Alessandro Imbriaco (Salerno, 1980) e Fabio Severo che affronta il tema della mafia rileggendo il territorio italiano grazie a un approccio che gli autori sintetizzano nella frase “da Letizia Battaglia a Luigi Ghirri”, praticando una fotografia esatta e non retorica che ribalta l’immaginario legato alla cronaca nera.
Le fotografie restituiscono uno scenario mutato, lontano dallo scontro violento degli scorsi decenni, che vede le organizzazioni criminali nascoste dietro una maschera di normalità, confuse nella società civile, vicine a noi più di quanto immaginiamo. Per contrastare questa progressiva invisibilità diventa necessario ricomporre i singoli eventi e tracciare una mappa del Paese attraverso la ricerca dei documenti storici, dei segni della presenza mafiosa sul territorio ma anche dei vuoti provocati dall’azione criminale.
Il fotogramma Il fotogramma Considerata e utilizzata fino ad allora come strumento di riproduzione esatta della realtà, con l’inizio del XX secolo la fotografia diventa oggetto privilegiato di indagine e sperimentazione da parte degli artisti, che si interrogano sulla sua natura teorica ed estetica ed esplorano le potenzialità insite nel processo di riproduzione meccanica, stimolando un nuovo dibattito che trova nelle Avanguardie storiche il suo pieno compimento.
Sono Man Ray e László Moholy-Nagy i primi a dedicarsi con sistematicità sperimentale, negli anni Venti del Novecento, alla tecnica del fotogramma, affascinati dalla struttura degli oggetti che attraversati dalla luce si trasformano in pura e diretta registrazione della forma, della consistenza della materia, traccia del reale, senza alcuna mediazione dell’occhio e della macchina fotografica. Che siano sintesi tra astratto e figurativo, esito di creazione artistica o indagine sulla materia, le sperimentazioni in camera oscura riportano la fotografia alla sua essenza etimologica di ‘scrittura con la luce’.
Horizon, la serie Horizon, la serie Le due immagini di grande formato di Silvio Wolf (Milano, 1952) attirano non solo l’occhio ma anche il fisico che è avvolto da colori caldi e intensi. L’opera si slega dalla rappresentazione, coinvolge direttamente la sfera delle emozioni e stimola la fantasia nell’immaginazione di fuochi ardenti o tramonti esotici. Come spiega l’autore stesso, le opere della serie Horizon sono scritture di luce auto-generate durante il processo di caricamento della pellicola fotografica nella macchina, indipendentemente dalla coscienza e la volontà dell’autore. Ogni Horizon nella sua grandezza, lucentezza, intensità, rivela la soglia tra luce e buio, tra materia e linguaggio rimandando a una riflessione sulla fotografia prima dell’immagine. Immediata è l’associazione con la produzione pittorica di Mark Rothko, con la quale condivide le campiture di colore monocromatico, l’assenza di soggetto e le dimensioni. Fotografia e movimento Fotografia e movimento Tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento la fotografia si confronta con il tema del tempo e del movimento: Eadweard Muybridge e Etienne Jules Marey indagano ambiti di ricerca preclusi all’occhio, con esiti di carattere scientifico oltre che artistico, anche grazie all’evoluzione degli strumenti meccanici e tecnologici come emulsioni, otturatori, flash.
Si tratta di un interesse che attraversa l’arte di tutto il secolo, dal fotodinamismo di Anton Giulio Bragaglia che produce ricerche in linea con la poetica futurista di Boccioni e Balla fino alle esperienze di arte cinetica che a partire dagli anni Sessanta rimettono in discussione la percezione della realtà creando e ricombinando articolati dispositivi meccanici e luminosi.
Video intervista a Paolo Ciregia Video intervista a Paolo Ciregia