Federica Bardelli (Italia, 1987), Alex Piacentini (Italia, 1985)
TIME+HORIZONS
Federica Bardelli e Alex Piacentini utilizzano per il proprio progetto immagini provenienti dalle webcam presenti lungo le coste del Mediterraneo e ricreano con le loro immagini un lungo orizzonte che muove, in senso orario, da Gibiliterra al Marocco.
La tecnica utilizzata per realizzare ogni singola immagine è quella dello slit-scan, che rende visibile simultaneamente, affiancati nell’inquadratura, gli istanti successivi registrati dalla webcam, convertendo così il tempo in spazio. L’accostamento di tutti i fotogrammi genera una registrazione completa che dopo circa un’ora ritorna al punto di partenza, come un radar che scansiona periodicamente l’orizzonte.
Il lavoro si compone di due dimensioni opposte e complementari. La suggestione estetica delle singole immagini, contenenti le micro-narrazioni casuali e quotidiane che avvengono nel breve lasso di tempo della scansione. E l’evidenza di un meccanismo di controllo e broadcasting, una sorta di panopticon, costituito dall’apparato tecnologico del progetto, in cui si sovrappongono le logiche del turismo e della sorveglianza, del desiderio e della paura.
Claudio Beorchia (Italia, 1979)
STATO DI EMERGENZA
Stato di emergenza è un’installazione ambientale che nasce dalla riflessione dell’artista attorno a un materiale evocativo dei nostri tempi: la coperta termica di emergenza, la pellicola argentata e dorata che viene fornita come dispositivo di primo soccorso ai migranti che sbarcano sulle coste italiane ed europee del Mediterraneo.
Attraverso un semplice spostamento di contesto, questo oggetto d’uso estremamente comune ed efficace, vede amplificato il proprio significato fino a sostituire uno dei simboli per eccellenza dello stato: la bandiera. Così, Stato di emergenza – nel doppio senso di “condizione” e di “nazione” – più ancora che costituire un gesto di denuncia, intende reclamare un’assunzione di responsabilità da parte delle istituzioni – e dei cittadini che queste rappresentano – di fronte ai cambiamenti politici e sociali che stanno investendo l’Unione Europea.
Nel corso della residenza la bandiera è stata issata sul pennone di Palazzo delle Aquile, sede del Comune di Palermo, accompagnata da una lettera del sindaco della città, Leoluca Orlando, agli alti responsabili del Parlamento e della Commissione europea.
Angélica Dass (España/Brazil, 1979)
HUMANAE
Humanae è un progetto in progress dell’artista ispano-brasiliana Angélica Dass, che si propone di realizzare un catalogo dei diversi colori della pelle. Questa tassonomia di proporzioni borgiane adotta i codici della guida PANTONE, la cui gamma di sfumature invita lo spettatore a riflettere sulle ambiguità della parola ‘identità’ quando viene utilizzata nel senso di uguaglianza. Angélica Dass innesca questo meccanismo semantico con uno spostamento “innocente” del problema razziale dal contesto socio-politico a un medium apparentemente neutro, come un catalogo di colori, in cui le tinte primarie hanno esattamente la stessa importanza di quelle ibridate e in cui si perde ogni corrispondenza tra la semplificazione dello stereotipo razziale e il “reale” colore della pelle.
Durante la residenza, Humanae è proseguito nella cittadina di Vita. Grazie alla collaborazione Pro Loco l’artista ha vissuto a lungo con gli abitanti e ha potuto instaurare una relazione profonda, necessaria alla realizzazione di ritratti che vanno da bambini di 8 mesi a persone di 80 anni. Come di consueto, le fotografie realizzate a Vita e a Gibellina vengono esposte mescolate al lavoro svolto dall’artista in tutto il mondo.
Simone Sapienza (Italia, 1990)
REFUGEE’S GUIDE TO SICILY
La Sicilia costituisce oggi uno dei punti principali di immigrazione nel Mediterraneo. Le guerre civili e l’insostenibilità delle condizioni politiche ed economiche costringono gli abitanti dei paesi africani e del Medio Oriente a fuggire dal loro luogo di origine lasciando tutto tranne la propria identità.
Il progetto di Simone Sapienza si ispira al manuale che l’esercito degli Stati Uniti ha distribuito ai 450.000 uomini che componevano la cosiddetta Operazione Husky, sbarcati in Sicilia nel luglio 1943 per contribuire alla liberazione dell’Italia dal fascismo. Queste guide includono informazioni di vario genere: geografia e morfologia della regione, statistiche sulle città principali, informazioni sulle reti dei trasporti e dell’energia, ma descrivono anche i costumi e le abitudini della popolazione, offrendo in ultima analisi l’immagine di una Sicilia esotica e stereotipata.
La guida, illustrata con le fotografie di Simone Sapienza e da lui ripensata per i rifugiati di oggi, se da un lato si rivolge ai migranti, anche simbolicamente, come strumento di aiuto e accoglienza, dall’altro si rivolge agli abitanti e misura in maniera critica i cambiamenti economici, sociali e culturali a 70 anni di distanza.
Zamir Suleymanov (Azerbaijan, 1987)
OFFSHORE
Il progetto di Zamir Suleymanov affronta il concetto di identità partendo da una delle sue più dirette e ufficiali applicazioni, ossia l’immagine fotografica presente nei documenti, la cui continua moltiplicazione e duplicazione, ossessione di controllo da parte delle burocrazie statali, ne causa in realtà la smaterializzazione fino alla scomparsa.
In alcuni ritratti provenienti da documenti di identità e sottoposti a numerosi passaggi di fotocopiatura, l’artista seleziona l’elemento del volto più mutevole e quindi più legato all’espressione della propria identità, ossia i baffi, simbolo di potere e di supremazia maschile nel suo Paese come in molte culture del Mediterraneo. Scontornati, prelevati dal contesto originario e riproposto in uno spazio bianco, i baffi danno luogo a immagini astratte che ricordano delle isole.
Possiamo quindi pensare a queste immagini come isole vere e proprie, ancora sconosciute, situate lungo le coste del Mar Mediterraneo o del Mar Caspio, da dove proviene l’artista. Oppure si può trattare di progetti di isole artificiali e piattaforme, apparati tecnologici per garantire il flusso di gas e petrolio dal Caucaso e Medio Oriente. O si possono, infine, semplicemente pensare come luoghi immaginari, in una dimensione più utopica e poetica.
Stratis Vogiatzis (Grecia, 1978)
NARRATIVE ARCS
Stratis Vogiatzis intende proseguire la propria ricerca personale e approfondire ulteriormente il suo lavoro sull’identità individuale dei migranti, rifiutando la forzata categorizzazione di massa che i media impongono, di fronte alla sconfinatezza e all’urgenza del fenomeno.
Attraverso l’utilizzo combinato di più mezzi di comunicazione – in questo caso soprattutto l’immagine fotografica e la parola scritta, ma anche il video e la raccolta di oggetti – l’artista sottolinea l’unicità dell’essere umano, della sua personalità e della sua storia individuale, ricercando un rapporto diretto, empatico sia nei confronti dell’autore che dello spettatore.
Il progetto elaborato durante la residenza prende forma attraverso una permanenza nell’isola di Lampedusa e nell’isola di Chios, terra d’origine dell’artista. I ritratti realizzati e le testimonianze raccolte, rafforzano così un collegamento simbolico – oltre che esistenziale – tra i due Paesi e tra due realtà presenti quotidianamente e in maniera drammatica nelle cronache.
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