European Fields Unlocked
Il calcio come finestra sui comportamenti umani
Venerdì 15 maggio 2020
Live talk con
Matteo Dore, Gazzetta dello Sport
Gianfelice Facchetti, attore e regista
Matteo Balduzzi, curatore del Museo
Per oltre un secolo il calcio ha unito le persone. Ora che partite amatoriali, campionati, Champions League ed Europei sono sospesi, la casa di produzione di documentari di fotografia Paradox, insieme al Museo di Fotografia Contemporanea e altre istituzioni europee, propone 5 appuntamenti con European Fields di Hans van der Meer.
Dal 1995 al 2005 il fotografo olandese ha raccolto immagini e filmati di paesaggi di campi di calcio in tutta Europa, dal Belgio alla Gran Bretagna, dall’Italia alla Francia e al Portogallo. Van der Meer ha voluto mostrare l’autentico spirito del gioco che unisce 22 giocatori, non importa il loro talento, non importa dove si disputi la partita. Lo sguardo di Van Der Meer dimostra non solo quanto questo sport sia parte del paesaggio, ma quanto il gioco e i suoi rituali siano profondamente radicati nella cultura umana. Con leggera ironia l’artista mostra la lotta impari tra l’ambizione umana e il risultato effettivo, tra una percezione personale e una più oggettiva e distante visione dei nostri comportamenti. Il calciatore amatoriale rappresenta in questo senso una perfetta metafora della vita in generale.
Hans van der Meer (Leimuiden, Paesi Bassi, 1955) è un fotografo attivo dai primi anni Ottanta. Dopo alcuni reportage di indagine sociale sui comportamenti urbani e sul mondo del lavoro avvia nel 1995 una ricerca sul tema del calcio. È membro della redazione di Useful Photography, rivista che indaga il valore estetico delle immagini di uso comune (ad esempio le fotografie pubblicate su cataloghi, confezioni, manuali di istruzione…)
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Il calcio alla domenica…
È un uomo che con il gesso rifà le linee del campo all’ombra di un condominio, o sotto un filare di pioppi, o dietro una cascina, guardando una montagna o un capannone industriale.
È una panchina in cui possono stare seduti in pochi e gli altri intanto stanno in piedi.
È un arbitro con i capelli bianchi che trotterella con una maglietta colorata che non nasconde la pancia in evidente attesa del pranzo.
È un fischio d’inizio.
È un guardalinee con il cappotto, fermo a centrocampo e con la bandierina abbassata, è uno spettatore che legge il giornale, quattro pensionati col bastone, un contadino che alza lo sguardo e sospende per un attimo il lavoro.
È un’imprecazione.
È un papà con il passeggino, una moglie distratta, una fidanzata preoccupata, una mamma annoiata.
È un grido ripetuto: andiamo! andiamo! andiamo! È una riserva che si scalda e che non entra mai.
È una madonnina che ascolta perplessa un bestemmione trattenuto e osserva un rinvio alla viva il parroco mentre le campane suonano le ore. È la ricerca di un pallone perso dentro un fosso.
È un allenatore disperato, un attaccante che protesta, un arbitro che spiega tutto arrabbiato perché ha fischiato, ma nessuno si convince. È un urlo dalle tribune: cambia mestiere!
È il tempo che passa e la partita che finisce.
È il lavaggio delle scarpe nel lavandino e il signore che porta via le bandierine del calcio d’angolo perché è sempre meglio non lasciarle lì, non si sa mai, poi magari spariscono e tocca ricomprarle.
Il calcio alla domenica è una partita che si gioca sull’erba o nel fango, sulla terra battuta o fra i sassolini. Verde o grigia. Può esserci il sole o può fare molto freddo. Il calcio alla domenica è la vita.
Matteo Dore, Gazzetta dello Sport